La verità sui pregiudizi verso le persone con disabilità
- Sara Zanettichini
- 22 gen 2021
- Tempo di lettura: 4 min
Interessante articolo di Luca Isabella del 24/9/2020 - Business Consultant & Facilitator | Business Networking | Self-determination (SDT) & Inclusion | Empowering & Inspiring

Era aprile 2015, quando mi è stata diagnosticata un’encefalite rara e con un tasso di mortalità del 50% e, nel caso fortunato che fossi sopravvissuto, avrei subito gravi disabilità neurologiche. In poche settimane, mi sono trovato in un letto di ospedale, paralizzato e non più in grado di parlare, leggere e scrivere. Nella primissima fase, che mi avrebbe portato a dieci mesi di degenza, con l’aiuto della mia compagna, ho informato tutti i miei clienti che non potevo erogare le consulenze programmate, per correttezza. Quando qualche settimana dopo sono venuto a conoscenza che un cliente aveva passato tutto il mio materiale di lavoro a un altro formatore, ho sentito rabbia e frustrazione. Nonostante l’afasia che mi aveva colpito, chiamai il cliente, il quale fece un commento sulla “condivisione della conoscenza” (sic), nelle mie parole si chiama “plagio”. Quando preparo un corso, dietro ci sono mesi di studio e preparazione. Ovvio che, dal momento che ero quasi morente, non potevo fare molto e il cliente aveva il sacrosanto diritto di far fare il corso a un altro, ma plagiare totalmente il contenuto è stato molto scorretto. È stata quella la prima volta che sono stato discriminato sulla base delle mie gravi difficoltà, perché il malato è non è produttivo, è come se fosse morto, e quindi non necessita di rispetto.
Dopo circa un anno, ero miracolosamente guarito. È stato un lavoro personale enorme per tornare alle mie facoltà, per quanto limitate a causa di una disabilità importante. Ho ripreso contatti con i miei clienti e mi sono proposto di fare un corso, che venne accettato con soddisfazione mia e del cliente, tant'è che ne erano state programmate diverse sessioni, definite da un contratto. Un paio di volte il corso era stato annullato senza informarmi, per cui mi ero presentato, nonostante le mie difficoltà, inutilmente. Tuttavia, mi erano state contrattualizzate altre edizioni. Il giorno prima della dell’erogazione, con un SMS sono stato informato che era annullato senza darmi una spiegazione e che il contatto era stato reciso.
Avevo capito, senza dubbio, che ero stato discriminato a causa della mia disabilità.
Sono passati almeno cinque anni e ora sto molto meglio, ma da queste esperienze ho compreso quello che si chiama il disability bias.
Per oltre due decenni si parlato è degli effetti dei pregiudizi (consci e inconsci) sulle interazioni umane, sui comportamenti e sul processo decisionale. Un'intenzione critica sulla riduzione del pregiudizio è nota come "ipotesi di contatto". In parole povere, le ipotesi di contatto si basano sulla nozione che, in situazioni specifiche, il contatto tra gruppi può creare comportamenti di pregiudizio. Il grande psicologo sociale Gordon Allport, nel suo classico del 1954, “The Nature of Prejudice”, ha suggerito che i contatti interpersonali potrebbe essere uno dei modi più efficaci per ridurre i pregiudizi tra membri di gruppi di maggioranza e minoranza.
Erving Goffman, uno dei più grandi psicologi sociali del ventesimo secolo, ha mostrato come lo stigma funzioni attraverso un processo di etichettatura che cerca di attribuire associazioni negative che a loro volta screditano una persona o un gruppo. Oggi lo stigma colpisce le persone disabili in molti aspetti della loro vita: il lavoro è fondamentale. Qui le persone disabili affrontano discriminazioni quando cercano di accedere al lavoro e anche pregiudizi sul lavoro.
Oltre a identificare il ruolo dello stigma come una forma di potere progettata per garantire che gli individui si conformino alle norme sociali e organizzative, Goffman ha anche identificato ciò che ha definito “copertura”, la strategia che molti di noi adottano per nascondere qualcosa di noi di cui ci vergogniamo a causa dello stigma gli altri attribuiscono a uno o più aspetti della nostra identità.
In uno studio Deloitte University, gli autori identificano tre tipi di “copertura” sul lavoro:
Aspetto: coprire aspetti del proprio aspetto, inclusi abbigliamento e modi di fare. Ad esempio, nascondere o minimizzare una menomazione fisica.
Copertura basata sull'affiliazione: non parlare della propria identità o non voler sostenere eventi di lavoro o colloqui per paura di essere considerati come disabili.
Copertura basata sull'associazione: ad esempio, non voler partecipare a gruppi dipendenti per paura di essere esposti e discriminati. Ad esempio, le persone con disabilità, che non vogliono partecipare a eventi di networking.
Come lo “Stereotype Threat”, che ha dimostrato di avere un impatto negativo sulle prestazioni di gruppi stereotipati negativamente, lo stigma e la copertura, influenzano le persone disabili nei seguenti modi:
I datori di lavoro che rifiutano di assumere qualcuno perché hanno una menomazione
Non essere assegnato a un team di progetto a causa di pregiudizi benevoli
Presupposti negativi sull'impegno lavorativo che a sua volta influisce sulla pianificazione della carriera
Essere spettegolati dai colleghi
Esclusione da conversazioni ed eventi sociali sul posto di lavoro.
Le conseguenze di tali pregiudizi e discriminazioni portano ad un aumento dello stress e ad una diminuzione del benessere emotivo, insieme al ritiro dai colleghi di lavoro. Inoltre, bias di conferma viene utilizzato da colleghi e dirigenti per giustificare ulteriori critiche ed esclusioni dei lavoratori disabili.
Ci sono almeno quattro modi di base per sfidare il pregiudizio della disabilità sul lavoro:
Sii meno giudicante: tutti abbiamo pregiudizi, ma lavorare attivamente per mitigarli è un principio fondamentale dell'inclusione sul posto di lavoro
Fai di tutto per conoscere le persone disabili a livello individuale - questo aiuta a ridurre pregiudizi e stigma abbattendo gli stereotipi che facilitano tale pensiero
Non contribuire ai pettegolezzi in ufficio e rendi sicuro sfidare gli altri che lo fanno
Creare una serie di rituali di squadra sono progettati per favorire la connettività di gruppo.
Soprattutto in Italia, la disabilità la lavoro viene presa in considerazione solo quando di parla di “categorie protette”, in cui le aziende sono “obbligate” dallo Stato ad assumere una certa quantità di persone disabili. Frequento molti gruppi in rete e in cui le persone vengono discriminate anche solo per un difetto fisico, persone altamente compenti costrette a vivere con un centinaio di euro di sussidio. Tuttavia, ci sono aziende illuminate per le quali la diversità è un valore, anche se generalmente grandi aziende multinazionali. Escludere i disabili dal mondo del lavoro è un grandissimo spreco di risorse, soprattutto in questi momenti di crisi, in cui tutti sono chiamati, in base alle loro capacità, a contribuire alla “rinascita italiana”.
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